La CTA o Chiamata all’Azione

Il superamento della “vendita uno a uno” con la “vendita uno a molti”

[...]

Chiamata all'azione

Esempio pratico di Chiamata all’Azione:

«Benissimo!»,

esclamazione seguita dopo un attimo di silenzio e un lungo respiro profondo da ambo le parti:

«Visto che non ha più niente da chiedermi, vado a prepararle la polizza!»

Oppure:

«Dunque, la firmiamo questa polizza?»

O ancora:

«Avevo già fatto preparare tutto: ecco a lei carta e penna. Metta una firma dove ho già siglato io, dopodiché l’accompagno direttamente in cassa per perfezionate la polizza.»

Anche tra venditori, in particolare di polizze, esistono due scuole di pensiero su quale che sia il momento più gratificante del proprio mestiere.

Certo, entrambe le scuole concordano nel fatto che tale attimo coincide con quando il cliente dà loro il consenso poiché è l’attimo in cui finalmente tutti i loro sforzi e le loro speranze – sia pure economiche – acquistano un senso.

Sono invece in disaccordo sul tipo di attimo.

Infatti, per un venditore di polizze sono due i tipi di consenso, ovvero i tipi di:

«Sì, facciamolo!»,

che si possa sentir dire.

L’uno quando riesce a fissare un appuntamento, l’altro quando il cliente decide concordemente di stipulare il contratto.

I primi ritengono che senza appuntamenti, giustamente, non si possa chiudere alcuna polizza e, visto e considerando che fissare un appuntamento, anche dopo anni e anni di carriera, può risultare un’impresa da titani, considerano che l’abilità di far sedere di fronte a sé un cliente sia ben maggiore che non convincerlo a firmare quando sia già seduto. Di fatto, se un cliente si siede alla scrivania di un venditore, è già per metà convinto di voler acquistare quella polizza.

L’altra scuola invece, diciamo pure più edonistica, non sta a fare i paragoni su cosa sia più facile o difficile: preferisce di gran lunga godersi l’attimo in cui il suo lavoro si compie, ovvero quando riesce a strappare di bocca al cliente il suo consenso.

Tale scuola di pensiero – o meglio, di emozioni – talvolta reputa tale momento, ovvero il momento del:

«Va bene, firmo!»,

un attimo talmente piacevole da sentirlo come un vero e proprio orgasmo per tutti e cinque i sensi. Tanto è vero che il giorno in cui un venditore riesce finalmente a chiudere una polizza lo considera un giorno santo, benedetto, in cui niente di cattivo può succedere poiché è riuscito temporaneamente a liberarsi di tutte le preoccupazioni legate al conseguimento del suo bilancio.

Ogni polizza chiusa infatti, non solo lo avvicina di un passo, più o meno lungo a seconda della portata della polizza, al conseguimento del suo bilancio (ovvero del suo giudizio finale), non solo gli garantisce una provvigione con cui poter vivere il mese successivo (o con cui, se fosse particolarmente bravo, togliersi delle soddisfazioni), ma lo libera, almeno per un paio di giorni, da tutti i grattacapi – per non dire le minacce – dei capi di fronte a un resoconto giornaliero non soddisfacente. Ovvero non produttivo.

Di fatto l’unico modo che hanno i capi di congratularsi loro, non è quello di complimentarsi per il lavoro svolto, quanto di non parlargli affatto, né nel bene, ma soprattutto nel male.

Il giorno in cui un venditore chiude una polizza è un giorno soltanto suo, un albo signa lapillo*. E così anche il giorno dopo, nel quale può godersi ancora la gloria del giorno prima – talvolta tra il plauso dei colleghi – prima che ogni cosa riprecipiti nel solito inferno di tutti i giorni e i capi riinizino con i loro rimproveri e le loro minacce. (Delle quali, se mai gli capitasse di dare ragione, non sarebbe altro, direbbero, che parole un po’ più severe del solito usate per motivare i loro uomini, i quali senza uno sprone continuo e deciso – e qui non gli si potrebbe dare torto – si abbandonerebbero all’inerzia, quindi all’improduttività. Di fatto ritengono – e qui la scienza della fisica gli dà ragione – che più la pressione aumenta, più energia viene liberata).

Ma, indifferentemente da quale che sia, come direbbe Faust, «l’attimo più bello»**, entrambe le scuole di pensiero concordano su un punto fondamentale: il cliente non fa mai il primo passo verso l’acquisto.

Se un venditore stesse ad aspettare i tempi del cliente senza insistere un po’, morirebbe di certo di fame.

Di fatto un cliente cui si concede tempo, come i bambini a cui – si dice proverbialmente – si dà una mano e finiscono col prendersi tutto il braccio, può finire col prendersela così comoda da dimenticarsi dell’impegno che aveva preso con il venditore così come con se stesso:

«Sì, questa polizza è molto interessante. Mi dia ancora qualche giorno, il tempo per sistemare la mia situazione, e la firmerò sicuramente. Promesso.»

Un cliente, se richiama, non lo fa che nel caso in cui abbia dei ripensamenti o se abbia deciso di mandare tutto a monte (ovvero di far cadere la vendita).

Non richiama mai per fissare un nuovo appuntamento, né tantomeno per dare conferma d’acquisto (poiché sì, le vendite spesso le si chiudono direttamente al telefono), anche se lo aveva promesso.

Anche quando la trattativa è conclusa, dopo che il venditore ha sciorinato tutte le sue carte, un cliente non concederà mai di sua volontà il bacio dell’acquisto se non sarà il venditore a fare il primo passo, per quanto piccolo possa essere:

«Ecco a lei carta e penna per firmare.»

Su questo punto alcuni venditori hanno escogitato una strategia sottile ed astuta, ovvero quella di far trovare già tutto pronto al cliente quando esso arriva anche se non aveva richiesto niente o se, più concisamente, aveva sottolineato di non volere assolutamente niente. I venditori che fanno uso di questa tecnica ritengono infatti che, quella di far trovare di fronte ai loro occhi un contratto già stilato e preparato a puntino, è una tentazione così forte a cui resistere – anche per i clienti che avevano chiesto espressamente di non volere niente – che alcuni prendono in mano la penna e firmano su due piedi senza pensarci, anche se prima di arrivare all’appuntamento erano tempestati da migliaia di dubbi. Poi firmano e tutta la nebbia nella loro testa si dirada*.

Questo è un attimo di silenzio – alcuni dicono di vera e propria estasi – in cui, quando il cliente fa cenno di sì col capo, il cuore del venditore va in visibilio.

Ma tale estasi tutta occidentale non può nascere, così come la trattativa non può incontrare la parola fine, sino a che il venditore non pone la sua ultima domanda.

«Ebbene io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.»

Se il venditore non facesse quest’ultima richiesta, ovvero di manifestare la volontà di procedere all’acquisto, il cliente non si risolverebbe mai a farlo da solo.

Ma il perché – permetteteci la battuta – è ancora un mistero.

Forse, come quando vogliamo scambiare il primo bacio con una donna, anche se lei è lì davanti a noi esclusivamente per noi, e talvolta con un desiderio di baciarci addirittura maggiore del nostro – cosa molto probabile e frequente anche se a qualcuno potrebbe sembrare impossibile – non è lei a fare la prima mossa – anche se lo vorrebbe con tutte le sue forze – e aspetta che siamo noi a farlo, solo per vanità.

Non ci viene in mente altra motivazione.

Perché infatti, anche se lo vuole più di noi, non è lei a tagliare la testa al toro e ad imprimerci il primo bacio con la forza? (Del resto, nessun uomo sano di mente si sottrarrebbe mai a questa decisione forzosa).

Per vanità, poiché non solo le donne vogliono un bacio, ma vogliono anche dare – in un modo o in un altro – il permesso a quel bacio.

Allo stesso modo i clienti vogliono che il venditore compia quell’ultimo piccolissimo passo per concedergli il bacio finale dell’acquisto.

Del resto, dopo intere settimane di corteggiamento, non faremmo altro che lasciare a bocca aperta la nostra amante se non le chiedessimo un bacio là quando lei ce ne avesse aperto la finestra:

«Ma questo – si chiederebbe attonita – mi è stato dietro tutto questo tempo e non mi ha nemmeno baciata quando ne aveva la possibilità e ha preferito andarsene? O gli manca una rotella o è completamente pazzo!»

Tant’è, anche se il cliente è stato convinto, senza una chiamata all’acquisto esplicita non comprerà mai – o almeno raramente – anche se ha intenzione di farlo.

Chiamata all'azione

Allo stesso modo non può certo dimenticarsi di fare il nostro copywriter.

Una volta arrivato al termine del suo annuncio – o della lettera di vendita – un copywriter, come un venditore, ha la sacrosanta missione di chiamare all’azione il cliente, anche se, come vedremo fra poco, non deve essere obbligatoriamente una chiamata all’acquisto. (Tra l’altro ci sono dei clienti che rispondono all’acquisto solo perché gli è stato chiesto, anche se inizialmente non ne avevano la menoma intenzione).

I suoi annunci e le sue lettere di vendita devono sempre chiudersi con una chiamata all’azione.

Sempre.

Altrimenti tutti gli sforzi della sua trattativa sarebbero stati vani.

In questo caso la Chiamata all’Azione del copywriter può differenziarsi da quella del venditore. Tutto dipende infatti dalla strategia, dunque dalla campagna, in cui ha deciso di inserire tale chiamata, specialmente se online (dove ormai si svolge gran parte del lavoro di un copywriter).

Spesso e volentieri la Chiamata all’Azione si compone di una manciata di parole, accompagnate da un link, un “bottone” o un carrello virtuale.

Del resto, se la trattativa è stata ben sviluppata nell’annuncio, non richiede tanti giri di parole per invitare il potenziale cliente all’azione.

Come il venditore chiede al cliente di fronte a lui se vuole che venga preparata la polizza e basta, come ai due amanti non basta altro che fare un passo verso l’altro per chiedere (e ricevere) un bacio, così al nostro copywriter non serve altro che una casella:

Chiamata all'azione Commerciale

È una vera e propria chiamata all’acquisto, con su scritto: «acquista adesso», «compra subito», «fai un’offerta», «visita il nostro negozio on-line», se vuole che il prospect non tergiversi oltre e proceda spedito all’acquisto;

Chiamata all'azione d'Acquisizione

Con su scritto: «visita la pagina», «vieni direttamente in negozio», «maggiori informazioni», «scopri di più», «contattaci per saperne di più», se il copywriter o l’azienda (o entrambi) pensano che non sia il caso di “stressare” ancora il cliente prima dell’acquisto e dargli ancora un po’ di tempo.

In questo caso verrà trovato un altro canale ancora (spesso un’altra pagina) per invitare il prospect all’acquisto. Ma è necessario sempre invitarlo all’acquisto, prima o poi, e lasciargli libero arbitrio (anche con delle semplici caselle) se prendere la decisione o meno. Sempre. Anche perché, come dicono i venditori di polizze:

«Non si sa mai cosa passi per la testa delle persone. Non si sa mai che…»;

Chiamata all'azione Informativa

Infine, la nostra chiamata all’azione può, furbescamente, essere una mera strategia di acquisizione dati («iscriviti alla nostra newsletter», «se vuoi rimanere sempre aggiornato compila il form», «lasciaci il numero di telefono [anche se più spesso la mail] e verrai ricontattato», «abbonati ai nostri servizi») di modo tale che si possa procedere a contattare il cliente più volte dopo che ha visitato la pagina. Il modo più comune è quello di farlo iscrivere ad una newsletter di modo da tenerlo aggiornato con delle mail personalizzate (cosa molto rara poiché le mail che puzzano di impersonale non vengono lette, se non erroneamente. Più facile è il caso che vengano cestinate).

Altro modo, se si è riusciti nell’acquisizione di un indirizzo, è utilizzare una delle armi più potenti che il copywriter ha a disposizione: la lettera di vendita.

In ciascuno suo strumento, sia che si tratti di un annuncio, un sito, una mail, una lettera di vendita, è necessario che, come gran finale, il copywriter sfoderi l’arma della chiamata all’azione.

Indipendentemente da quale che sia la sua strategia a monte (commerciale, informativa, di acquisizione dati) essa deve comunque essere presente – anche se semplicissima e diretta – poiché altrimenti tutto il suo lavoro andrebbe a vuoto.

Nel caso in cui poi la chiamata all’azione coincidesse con una chiamata all’acquisto (dunque se avesse una natura commerciale) ci sono alcuni modi in cui stimolare una risposta immediata da parte del potenziale cliente.

Naturalmente quelli che condividiamo con te, Gentile Lettore, sono i metodi più classici ed ancora efficaci. Ciò non vuol dire certo che non ne esistano altri. Anzi, noi pure talvolta in agenzia ci divertiamo a escogitarne di nuovi: basta solo avere un pizzico di immaginazione.

Dunque, gli stimoli cui si può ricorrere per accelerare la decisione del cliente sono l’urgenza e un’offerta, ovvero la possibilità di poter trarre un beneficio ulteriore dall’acquisto.

Tali stimoli possono essere comunicati con delle brevissime frasi dopo i bottoni per l’acquisto e possono trasmettere:

Disponibilità Limitata

Si fa un’offerta dove il prodotto, il prezzo ribassato o il premio annesso con l’acquisto (esempio di un buono acquisto), siano limitati nel tempo.

Termine Massimo

Ovvero quella famosa e insuperabile linea temporale oltre la quale decade ogni possibilità di poter accedere ai benefici (sconti, premi, offerte, ecc.) legati all’acquisto.

Sconti per chi agisce subito e penalizzazioni per i ritardatari

  • Biglietto entro 26 aprile: 50 €;
  • Biglietto entro 26 maggio: 75 €;
  • Biglietto all’evento: 100 €

 

Questa strategia può essere usata anche prima del lancio nel mercato di un nuovo prodotto. Stiamo parlando, ovviamente, della tecnica della prevendita

Premio

L’offerta di base, ovvero il prodotto in sé, può essere tanto buono da vendersi da solo, ma talvolta potrebbe non essere sufficiente. Per supplire a tale deficit si può ricorrere a varie strategie, ovvero legando al prodotto di base un premio o un bonus, che alcuni ritengono più efficaci di sconti e ribassi (altro tipo di offerta).

Premio Multiplo

Allo stesso modo del precedente, si può inserire la strategia di un premio multiplo, ovvero: se il cliente acquista un prodotto, ha diritto ad un premio; se ne compra due, ha diritto a due premi.

Lo diciamo tra parentesi. L’assurdo della natura umana vuole che talvolta il cliente sia portato all’acquisto più dal premio legato al prodotto che non al prodotto in sé.

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FORMULARIO TD

DEVI AGIRE

Se Non sei il N.1 nel tuo mercato
devi agire , altrimenti verrai Divorato

I pesci piccoli devono muoversi velocemente se non vogliono essere divorati.

Quelli grossi non fanno altro che mangiare quelli che rimangono indietro.

Pubblicità innovativa - Entertainment marketing

Il Team della Tofani Dreams lo sa bene.

Come vedrai più avanti all’interno della Home del sito, abbiamo collaborato, in maniera diretta (Consulenze Marketing, Eventi Esclusivi) o indiretta (attraverso i nostri software: I Got U® e Stand+®) con dei veri e propri colossi (Google, Blackrock, J.P. Morgan, Unicredit, Bugatti…).

Eppure, nonostante ciò, attualmente NON siamo i N.1 del nostro settore, e verremmo divorati anche noi se non ci sforzassimo al massimo. 

Per questo motivo:

Per noi non esistono “giorni di pausa” nè "orari fissi". Non possiamo permetterceli.

Come non possiamo permetterci di trattare con sufficienza i nostri clienti, né di consegnare lavori mediocri

Sarebbe la nostra rovina, e verremo divorati!
Siamo sempre a controllare gli aggiornamenti di mercato, a testare nuovi metodi, ad analizzare nuovi trend, ad assicurarci che le strategie che mettiamo in campo aumentino il fatturato abbassando i costi, e a studiare e testare nuove tecniche da implementare. Ma lo sai qual'è il più grande vantaggio?

Non essendo dei pesci grossi, chi viene a trovarci, non si sente come una sardina pronta ad essere mangiata.

HAI GIÀ SCOPERTO IL TUO GIACIMENTO?

Siamo entrati nella
Terza Rivoluzione Pubblicitaria

Le rivoluzioni pubblicitarie sono una vera e propria caccia ai “giacimenti di petrolio”, e fanno la fortuna dei primi che li scoprono ma…

Oltre a portare tanto profitto, fanno si che in molti provino a cavalcare l’onda con servizi e metodi mediocri… i così detti “Fuffatariani”!

Pubblicità innovativa - Entertainment marketing

Ma prima di spiegare il nuovo tipo di pubblicità che sta rivoluzionando tutto il settore pubblicitario, e prima di spiegare come riconoscere un professionista serio da un fuffatariano, è importante analizzare i “metodi antenati” che hanno preceduto la pubblicità moderna.

Attualmente in Italia chi vuole fare pubblicità ha a disposizione 3 opzioni:

Pubblicità Visual:

Molto piacevole all’occhio ed estremamente costosa. È quella che usano gran parte dei grandi marchi già affermati, come possono essere Zara, BMW, Nike…

Non porta il cliente a comprare subito, né a trasformarlo in un contatto commerciale (Lead). Si limita ad attirare la sua attenzione e ad intrattenerlo.

La sua efficenza è difficile da misurare

Attualmente è la pubblicità predominante sul mercato.

Si focalizza sulla propria immagine da trasmettere al pubblico. Potremmo definirla una pubblicità narcisista.

Pubblicità Informativa o di Contenuto:

A differenza di quella d’Immagine, questa tipologia di pubblicità punta ad informare il cliente su eventuali benefici tramite i contenuti.

Mantiene attivo l’interesse dei clienti già appassionati all’azienda o al prodotto.

Uno dei suoi principali limiti è che risulta noiosa, e difficilmente attira l’interesse di potenziali nuovi clienti.

Non è semplice inoltre, come nella precedente, misurarne l’efficenza.

Ci vogliono un’immensità di contenuti prima di vedere i risultati.

Pubblicità a Risposta Diretta:

È la tipologia di pubblicità usata nelle televendite da anni e da molti Fuffatariani.

Sa catturare l’attenzione del potenziale cliente e pilotarlo da un punto di vista commerciale, trasformandolo in cliente a tutti gli effetti.

Spiega alla perfezione i benefici che può ottenere il cliente con il prodotto.

La sua principale caratteristica è che si basa sulla misurazione dei dati, e quindi possiamo misurare la sua efficenza. 

A livello di “conversione istantanea” è migliore rispetto alle due tipologie di pubblicità precedenti.

Tra i difetti possiamo annoverare la sua scarsa piacevolezza visiva percepita (sia da chi la usa che, paradossalmente, da chi la vede).

Danneggia l’immagine aziendale a lungo termine ed è difficile da scalare sul mercato di massa.

Quale tipologia pubblicitaria usiamo e consigliamo noi della Tofani Dreams:

Ovviamente la risposta è “dipende”.

È impossibile consigliare senza conoscere l’obiettivo che si vuole raggiungere, il settore, il periodo, il livello di consapevolezza del mercato, il cliente ideale, ecc…

Ma riteniamo che la migliore pubblicità sia il giusto mix delle tre pubblicità sopra citate. 


CREA LA TUA MACCHINA DI VENDITA

Devi pensare al Marketing come ad una Macchina Generatrice di Profitto

Gran parte delle agenzie pubblicitarie italiane si focalizza sul traffico, click, i followers e i like.

Aiutano il proprio business? 

Sì, ma non a sufficienza per sopravvivere, visto che non si possono usare per fare la spesa, né per pagare i dipendenti, né per metterli in banca. 

Un’agenzia dovrebbe focalizzare le campagne sul ROI (Return of Investment – Ritorno sull’investimento) e sul ROAS (Return On Advertising Spent). Ovvero alla pianificazione di strategie di marketing che moltiplichino le vendite, e quindi i profitti provenienti dagli investimenti stessi.

Per fare ciò servono però delle tecniche e dei software da usare per misurare i dati, così da poter prevedere i risultati ed il comportamento del mercato.

Questo non solo serve a pianificare una strategia su misura per aumentare le vendite, ma anche a correggere eventualmente la strategia in corso d’opera, ed aggiustarne il tiro.

Pubblicità innovativa - Entertainment marketing
Perché spesso non viene fatto?

Il motivo per cui molte agenzie in italia non si focalizzano sul ROI, è proprio per i costi di messa in opera, manutenzione, professionisti necessari e tempo da dedicare ad ogni singolo cliente. 

Si sa, in Italia tutti vogliono guadagnare il più possibile facendo il minimo necessario.

Non solo, i professionisti che di solito approfondiscono ed iniziano a sviluppare (anche in proprio) campagne basate sul ROI e sul ROAS, lo fanno dopo aver capito quanto bisogni lavorare sodo, rimanendo aperti al cambiamento, ben disposti ad investire sul proprio business e sapendo aspettare i risultati.

Di fatto, e non è un segreto, qualunque azienda che non abbia la volontà di reinventarsi è a rischio. 

Niente deve essere lasciato al caso: tutto va misurato e studiato nel minimo dettaglio. Solo in questo modo si può sapere qual’è la via migliore da percorrere.