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Secondo le statistiche, il numero di visitatori che acquistano visitando per la prima volta un sito web, nonostante le campagne marketing, è bassissimo.
Secondo un’altra statistica, il 70% dei visitatori che abbandona un sito senza aver lasciato i suoi dati, non vi entrerà più.
Nel primo caso è possibile che i clienti si siano incuriositi e che abbiano deciso di rimandare il momento dell’acquisto.
Nel secondo caso, all’incirca 2 persone su 3, non effettueranno mai l’acquisto.
E se noi, in base a questi dati, vi dicessimo che c’è la possibilità di moltiplicare le vendite come di recuperare quei visitatori che hanno abbandonato per sempre il sito?
Anche in questo caso, nel rispondere a questa domanda, non ci avvaliamo altro che di statistiche e di metodi messi in campo dalle migliori aziende e di cui ci siamo serviti anche noi per implementare i nostri profitti.
Ma per arrivare ad un traguardo di questo genere, è necessario seguire una strategia.
Come fare questa strategia marketing?
Se si è già riusciti nel compito di avere un discreto traffico di visitatori nel proprio sito, l’unico passo che rimane da fare è quello di trasformare i visitatori in degli abbonati.
Come abbiamo già detto nel nostro articolo su L’importanza di avere un sito web, un sito non deve avere uno scopo esclusivamente consultativo.
Un visitatore che entri nel nostro sito e che non possa far altro che consultarlo e contemplarlo, non sarà mai un cliente.
E non è necessario che il nostro sito si trasformi in un e-commerce, ovvero in una piattaforma-vetrina dedicata esclusivamente alla vendita, perché i guadagni si moltiplichino.
Lo scopo principale che può avere un sito, infatti, è quello di acquisire clienti e contatti.
Quindi: abbonati.
Per essere appetibile l’abbonamento deve essere gratuito, ma soprattutto, il potenziale cliente deve esservi indotto da qualcosa che l’azienda che sta dietro il sito, mette a sua disposizione.
Per far iscrivere un cliente alla sua lista di contatti, un’azienda può mettere gratuitamente a disposizione dei servizi o dei materiali di formazione, come articoli, video, report, in modo tale che il potenziale cliente possa percepire che l’intento dell’azienda è quello che si faccia una cultura in maniera spassionata.
Un potenziale cliente, infatti, non deve mai percepire che l’azienda ha intenzione di “piazzargli” i suoi prodotti.
Tutto ciò che puzza esclusivamente di pubblicità è diventato a dir poco nauseabondo agli occhi dei potenziali clienti, i quali sempre più possono ritenersi impermeabili a tutto ciò che suona come una pubblicità.
Ottenere un contatto invece, è un modo col quale poter mantenere aggiornati i clienti grazie a mail ricche di contenuti a proposito delle novità e delle offerte.
Tutti noi abbiamo almeno una casella di posta elettronica.
Tutti noi leggiamo le mail almeno una volta al giorno.
E secondo la Direct Mail Association, l’email marketing in media vede un ROI (ritorno sugli investimenti) del 4.300% per le imprese negli Stati Uniti.
Tutto ciò perché i clienti, anche se sono solo potenziali, non vogliono essere abbandonati.
E in questo la mail si presta bene poiché è personale.
Ciò fa considerare la mail come il miglior investimento a lungo termine (anche perché è economica).
Errori comuni nel mondo del marketing classico
A questo punto però la maggior parte delle agenzie di marketing cade in errore pensando che tempestare i potenziali clienti di mail sia la strategia migliore.
Abusare delle mail può invece produrre l’effetto contrario a quello desiderato, ovvero di far disiscrivere il cliente dalla newsletter.
E per due motivi: o perché si è spazientito di ricevere continuamente proposte commerciali, o perché non gli sono state inviate le mail giuste.
Un errore molto frequente, infatti, è anche quello di considerare le liste di contatti come un calderone omogeneo di profili.
In questo caso le agenzie non badano se un profilo possa essere più adeguato di un altro a determinati contenuti.
Un esempio sono quelle aziende che continuano a proporre dei vini ai loro potenziali clienti anche se questi hanno dichiarato di essere astemi.
Molte aziende, come molte agenzia pubblicitarie, inoltrano le stesse mail a tutti coloro che gli hanno lasciato un contatto, anche se non c’entrano niente con quello che gli stanno proponendo.
Sfatiamo un mito.
Un elenco di contatti diventa una lista di potenziali clienti solo se viene usata la giusta strategia.
E la giusta strategia si chiama segmentazione.
Segmentazione. Arteria del buon marketing
All’interno di una strategia di marketing l’importanza delle liste – e la conseguente segmentazione – riveste il 40% del conseguimento del successo di una campagna.
La qualità del prodotto e dell’offerta ad esso legata rappresentano un altro 40%.
Mentre la scritturazione, il design, il timing (la scelta del momento giusto), di un buon contenuto rappresenta il 20% rimanente.
Se si ha una lista di contatti accuratamente selezionati, fatti di potenziali clienti che si adattano a ciò che si sta proponendo, si può pensare di lanciare un’offerta media – o anche poco meno – giocandosi la possibilità di riuscire a produrre profitto ugualmente.
Ma nessuno dei tre elementi preso singolarmente può portare al risultato se gli altri due hanno delle lacune vistose.
Una buona lista, infatti, non può rimediare ad un’offerta scadente.
E così anche un buon testo. (Quest’ultimo perché, dipingendo il prodotto con delle qualità, non farebbe altro che mentire. Ed i clienti non perdonano mai chi mente loro).
Per ottenere un risultato efficiente, tutti e tre questi elementi – lista, prodotto, contenuto – devono riuscire a sposarsi alla perfezione.
Solo in questo modo sarà possibile riuscire a incrementare esponenzialmente le vendite.
l'Importanza delle liste e la segmentazione per fare dell'ottimo marketing
Il 40% del successo di qualsiasi campagna si basa sul targeting, la segmentazione e la qualità dell’elenco.
Ovvero sulla profilazione minuziosa e psicologica del cliente.
Profilazione che porta a capire in profondità quali che siano i bisogni e le necessità dei clienti.
A questo proposito si esprime bene il copywriter Brian Kurtz, uno dei massimi esperti di liste.
Il quale ritiene che la maggior parte delle agenzie pubblicitarie sottovaluti l’azione di inviare delle mail poiché è un atto pressoché gratuito.
Brian Kurtz consiglia quindi di considerare una mail come una lettera che debba essere imbustata e impressa di francobollo, ovvero come se avesse un costo per l’azienda mittente.
Se un’azienda dovesse pagare ogni singola mail che inoltra – ritiene Kutrz – starebbe molto più attenta al contenuto, così come al destinatario.
Ovvero ci penserebbe due volte prima di buttare via dei soldi.
Si vede bene dunque come la costruzione di liste a lungo termine – parallela alla ricerca del cliente ideale – sia sempre la base di partenza di qualsiasi strategia di marketing.
Si tratta di privilegiare la qualità al posto della quantità, la profondità al posto dello spessore.
Una lista permette di avere clienti ideali, e i clienti ideali sono quelli che hanno più possibilità di trasformarsi in clienti, quindi in clienti fidelizzati, ovvero in clienti che rimarranno legati all’azienda anche dopo la prima vendita.
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