I prodotti non vengono acquistati con la testa, ma con la pancia!
Come comanda una delle leggi più solide del marketing, dietro ad ogni acquisto si nasconde un processo che ha condotto il cliente alla scelta. Molte ricerche di mercato dimostrano che solo il 5% degli acquisti viene fatto seguendo un criterio razionale, mentre il restante 95% è frutto di decisioni del tutto irrazionali.
Come dei perfetti piccoli Freud, chiunque voglia conoscere i propri consumatori o potenziali clienti, dovrà addentrarsi nei meandri in cui si insinuano i processi decisionali inconsci e comprendere al meglio i motivi che stanno dietro alle scelte di acquisto.
Come farlo senza un’abilitazione da psicoterapeuta e anni di sedute?
La strada più affascinante è quella del neuromarketing, e cioè, l’applicazione delle neuroscienze alle strategie di marketing per conoscere come i consumatori rispondono agli stimoli e, di conseguenza, regolare la comunicazione del proprio brand.
Abbiamo però incontrato Piccole e Medie Imprese che pensano di non avere abbastanza fondi da destinare ad una disciplina che sembra costosa perché necessita l’acquisto di ingenti macchinari – come quelli per le risonanze magnetiche funzionali (strumento molto utilizzato nelle ricerche in questo ambito, poiché fornisce dati molto accurati) – e costose indagini accessibili solo alle multinazionali.
Ma non è cosi! Ci sono svariati studi ed esempi che dimostrano come il neuromarketing sia anche alla portata delle PMI.
Strumenti del neuromarketing per le PMI
Negli ultimi anni la tecnologia è venuta fortemente in aiuto degli strumenti protagonisti del neuromarketing, rendendoli più all’avanguardia e, soprattutto, più economici.
Tecnologie come quella dell’eye-tracking online, consentono di monitorare il movimento dello sguardo e le microespressioni facciali semplicemente attraverso le webcam dei computer. Questa tecnologia permette di registrare accuratamente il tempo che l’utente dedica alla visualizzazione di un’area specifica del sito, dopo quanti secondi distoglie l’attenzione e la poggia su un altro elemento e dove – e in che ordine – si sposta il suo sguardo durante la fruizione di uno stimolo. In questo modo, si riescono a determinare i punti forti e quelli deboli di un sito web, com’è l’usabilità, quale appeal genera e di conseguenza dove intervenire per migliorare.
È chiaro, la risoluzione e la precisione non saranno mai paragonabili a quelle ottenute con gli strumenti di laboratorio, ma sono comunque in grado di fornire dati sempre più accurati e accessibili alle tasche delle piccole e medie imprese.
- INFO: Un esempio di piattaforma gratuita, per tracciare il comportamento di un utente nel proprio sito è: HOTJAR.
L’EEG, o elettroencefalogramma, è un altro utile strumento che consente di misurare e registrare le emozioni e gli stati d’animo (concentrazione, stress, calma, divertimento) dell’utente che sta navigando su un sito web, al fine di scoprire il coinvolgimento emotivo suscitato dal brand, o dal prodotto, e di ottimizzare la user experience globale.
In particolare, l’EEG permette di registrare l’attività cerebrale in merito all’attenzione, all’engagement e alla memoria. Per fare un esempio, gli stimoli divertenti o emozionali dei prodotti pubblicitari dell’entertainment marketing sono capaci di attivare alcune aree del cervello umano, e l’EEG, cogliendo la sollecitazione neurale di quelle aree, conferma come il messaggio pubblicitario stia o meno funzionando, quali emozioni suscita e quali reazioni d’acquisto porta.
Un altro strumento utile al neuromarketing è l’implicit association test o test di associazione implicita. Questa tecnica, conosciuta anche con il nome di IAT test, consente di analizzare le reazioni dei consumatori scaturite in seguito a idee o pregiudizi collegati ad un determinato brand. Ad ogni brand, i potenziali acquirenti associano un pensiero che si traduce in atteggiamento involontario e che, a volte, potrebbe venire nascosto nel corso di interviste dirette. Un esempio pratico potrebbe essere quello degli intervistati che non dichiarano di amare le bevande gasate zuccherate per dare l’impressione di essere persone che tengono alla propria salute. In questo caso, lo strumento riesce a cogliere quello che il consumatore pensa ma non dice, anche se non può ancora spillare un bicchiere di Coca-Cola ghiacciata.
L’utilità del neuromarketing per le PMI
Sappiamo che l’economia nazionale italiana è mossa, per la maggior parte, da piccole realtà aziendali e piccoli imprenditori. Sebbene le PMI non abbiano la possibilità di lavorare con i grandi istituti di ricerca di mercato vista la difficoltà nel fronteggiare costi di grande portata, il neuromarketing si pone come tecnica in grado di far aprire gli occhi su altri strumenti di cui dispongono già, come possono essere l’e-commerce, il logo, le foto e i vari progetti web delle PMI. Infatti, pur non utilizzando le ricerche ad alto budget per il proprio brand, le PMI possono studiare i progressi scientifici “pagati” dalle grandi aziende e provare a replicarli, magari chiedendo all’agenzia di marketing che segue i loro progetti di fornire una reportistica sui test e sulle correzioni eseguite, proprio come si farebbe durante un esperimento, così da poter mettere in pratica una strategia di neurowebdesign.
Un altro modo per applicare il neuromarketing alle PMI consiste nell’informarsi sulle scoperte, le ricerche e i concetti forniti dalle neuroscienze e dalla psicologia dei consumi. Studiare i fattori biologici, fisiologici o cognitivi che caratterizzano le persone, fornisce un quadro che consente di avere una migliore comprensione sui comportamenti di acquisto.
Per spiegare cosa sta dietro al comportamento dei consumi, famosissimo è l’esperimento di mercato condotto dall’azienda Wadhwa. L’esperimento prevedeva che dei campioni omaggio di un loro prodotto fossero distribuiti all’interno di alcuni punti vendita per studiare gli effetti che questa questa azione avrebbe generato nei consumatori e capire quanto questi campioni gratuiti facessero aumentare gli acquisti. I dati raccolti hanno supportato la tesi secondo cui il cervello attiva un sistema motivazionale che porta alla ricerca della ricompensa (reward-seeking behaviour) che spinge il cliente all’acquisto dopo aver ricevuto gratuitamente un particolare prodotto.
Ecco spiegato come l’integrazione della psicologia del consumatore alle scoperte neuroscientifiche possa delineare una visione più completa dei consumatori e stabilire come, quando e perché si prendono certe decisioni.
Perché proprio il neuromarketing?
Una PMI che abbia la necessità di migliorare la propria comunicazione e che ambisca ad essere davvero competitiva, può ottenere grandi vantaggi inserendo il neuromarketing nella propria strategia. Questo perché con l’uso di questa tecnica non solo punterà a una maggiore brand awareness tra l’infinità di competitor, ma inizierà anche ad avere dei ritorni, avendo così la possibilità di ottimizzare la propria pubblicità facendola arrivare dritta al punto.
Non da ultimo, il neuromarketing nelle PMI consente anche di misurare con estrema precisione l’impatto che ha il brand nei confronti del target che si desidera coinvolgere, di veicolare al meglio il messaggio e di raggiungere più velocemente gli obiettivi prefissati, con il conseguente aumento di vendite e miglioramento del rapporto con i clienti.