Ok, Google, facciamo shopping. Inizia così il marketing dell’ascolto, uno dei trend che più ci dovrà interessare nei prossimi anni: lo strumento capace di incrementare il tuo business servendosi dell’interazione vocale. Condividere esperienze e opinioni sfruttando il potere della voce è, infatti, un ottimo trampolino per comunicazione brand e, soprattutto, emozioni.
Se il voice marketing è diventato uno dei top marketing trend, lo si deve alla grande diffusione – e al conseguente apprezzamento da parte degli utenti – di tre strumenti nati e diffusi negli ultimi anni:
- Podcast: registrazioni audio condotte da ospiti e co-conduttori che spaziano tra tutti i temi di maggior interesse, dalle news all’intrattenimento, passando per l’opinione e il marketing. Si sono diffusi sulle maggiori piattaforme di streaming, tra cui iTunes e Spotify, ma sono disponibili anche su vari siti e web radio. Il piacere dei podcast risiede nel fatto di poterli ascoltare ovunque, mentre si è impegnati a fare altre attività, oppure in viaggio o in una sala d’attesa;
- Clubhouse: il social network al quale tutti volevamo accedere su invito con più insistenza delle sorellastre di Cenerentola al ballo (che ha presto avuto una parabola discendente). Ha stanze virtuali live (chiamate chat room) in cui poter conversare senza l’intercessione di una webcam. I temi trattati sono vari e gli utenti hanno la possibilità di confrontarsi con persone competenti sugli argomenti scelti;
- Smart Speaker da quando si sono diffusi nelle case dei consumatori, gli altoparlanti intelligenti, dotati di un assistente vocale integrato (Alexa, Siri, Google Home), sono il miglior strumento per promuovere un brand e raggiungere nuovi clienti. In base alle domande/richieste che pone l’utente, si innesca un circuito di personalizzazione dei contenuti e delle preferenze che crea un profilo specifico per quella categoria di consumatori. Insomma, ci ascoltano (ci spiano?), ma ci restituiscono esperienze personalizzate di pubblicità.
Dal momento che i podcast e i contenuti audio sono un valido mezzo di promozione del marchio e raggiungono facilmente i consumatori, sui social network sono sempre più presenti e perfezionati.
Su Facebook, per esempio, sono molto utilizzati soprattutto per realizzare campagne pubblicitarie e progetti di comunicazione branded. Una ricerca di Nielsen per USOP, l’United States of Podcast, ha dimostrato una crescita di ascoltatori e di minuti ascoltati: nel 2019, erano 12 milioni di ascoltatori, mentre nel 2020 sono saliti a quasi 14 milioni; la media dei minuti di ascolto era di 23 minuti, salita poi a 24 minuti. Impieghiamo più tempo con gli auricolari che davanti al tg.
I risultati del voice marketing
Un marchio che utilizza la voce per comunicare la propria storia alla community che vuole raggiungere, riesce a rafforzare la propria brand identity e a sfruttare efficacemente il coinvolgimento verso lo strumento voce stesso. Può servirsi, ad esempio, delle host-read ads, ossia delle brevissime inserzioni pubblicitarie, lette da un podcaster, che mostrano solo alla fine il volto di una sponsorizzata. Se per alcuni possono essere interruzioni fastidiose, resta il vantaggio intrinseco della breve durata e dell’impossibilità di skipparle, poiché, spesso, chi ascolta podcast lo fa in un momento in cui ha le mani impegnate, per esempio alla guida o mentre si allena.
Ma perché il marketing dell’ascolto funziona? Oltre che per i motivi legati alla velocità di acquisizione e alle interazioni in momenti inattesi, la voce funziona perché ha un impatto quasi ancestrale sull’ascoltatore: la voce comunica emozione attraverso i toni e i volumi usati, arriva a livelli cerebrali diversi dalle immagini o dalla musica, si lega alla memoria e collega il messaggio pubblicitario a un ricordo ben preciso, lasciandolo intatto e pronto ad attivarsi al momento dell’azione di acquisto. Non siamo ai livelli dei messaggi subliminali nei cartoni Disney, ma l’attivazione dell’inconscio funziona più o meno in quel modo. È per questi motivi che non si tratta solo di un trend, ma di uno strumento che vedrà massima espansione nei prossimi decenni.
Capitolo a parte, poi, riguarda la voice search e tutto l’impatto che ha e che avrà sul marketing. Dal 2011 (anno in cui Apple ha immesso sul mercato Siri) ad oggi, la ricerca vocale sullo smartphone è utilizzata dal 27% della popolazione mondiale. Di questa percentuale, un sondaggio Google ha registrato che il 62% fa acquisti per mezzo dello smart speaker (il voice shopping) – e i numeri sono destinati ad alzarsi più velocemente di quanto immagini.
La competitività dell’implementazione di questi strumenti all’interno della propria strategia pubblicitaria è altissima, perché ancora non è adottata da tutti ed è diretta a un target giovane, smart e altospendente. Se il tuo business deve intercettare questa utenza, il passaggio dalla voice search è obbligatorio, ma ripagherà a breve.
Parlare per comprare
In questa logica, i contenuti di un brand devono essere ottimizzati ai fini della ricerca vocale, utilizzando il più possibile delle keyword di uso comune che rimandino alla propria attività. L’algoritmo capisce il linguaggio parlato, un linguaggio elementare e diretto, per cui la comunicazione scritta e quella vocale dovranno essere differenziate e curate da esperti.
Grazie al marketing vocale, la tua azienda avrà l’opportunità di raggiungere potenziali clienti in una maniera mai esplorata fino ad ora. L’obiettivo che deve porsi, è incentrare la campagna di marketing vocale su alcuni punti:
- individuare un’offerta per i consumatori che sia differente e introvabile rispetto alle altre aziende sul mercato;
- fare un elenco sulle domande più frequenti e specifiche che i clienti potrebbero fare per raggiungere i prodotti e servizi e implementarle nei comandi di ascolto;
- aprire canali vocal, come podcast e pagine sui social adatti, e curarne la comunicazione.